(Copio un breve punto del mio libro)
È perlomeno dal 1992, da quando, cioè, si è tenuto a Rio de Janeiro il “Summit della Terra”, che – a date prestabilite – politici e climatologi hanno preso a parlare (bla-bla-bla) di gas serra, di riscaldamento globale, di CO2, di particelle sottili e di possibile superamento della “soglia irreversibile” (del superamento, insomma, di quella “soglia” dalla quale sarà impossibile tornare indietro) entro il 2050.
Per una volta nella vita sono d’accordo con i politici e con i climatologi: quasi sicuramente dal 2050 non ci sarà più vita sulla Terra e, molto probabilmente, nell’Universo intero. Anche perché è assai probabile che già prima (molto prima) del 2050 sarà stata combattuta e persa la prima e ultima guerra nucleare.
Non baso questo mio pessimismo su quello che dicono o scrivono politici e climatologi. Baso questo mio pessimismo su quello che scrivono paleontologi e paleoantropologi.
Ricerche sul campo e studi scientifici comunemente accettati ci dicono che le ossa e i denti degli animali vissuti prima dell’avvento dell’Homo Sapiens erano più robuste e calcificate di quelle degli animali vissuti dopo l’avvento dell’Homo Sapiens. Che, diciamo ad esempio, le ossa e i denti delle tigri (o dei lupi) vissute prima dell’avvento dell’Homo Sapiens erano più robuste e calcificate delle ossa e dei denti delle tigri (o dei lupi) vissute dopo l’avvento dell’Homo Sapiens. Il che semplicemente significa che le tigri (o i lupi) vissute prima dell’avvento dell’Homo Sapiens erano più nutrite e felici delle tigri (o dei lupi) vissute dopo l’avvento dell’Homo Sapiens. Da quando, scoperta l’agricoltura e la pastorizia (e mettiamoci pure l’uso del fuoco), l’Homo Sapiens ha cominciato a radunarsi in gruppi sempre più estesi ed a distruggere senza tanto pensare tutto quello che gli faceva comodo distruggere o avvelenare.
Da quando, insomma, guidato dalla cupidigia e dall’idiozia, l’Homo Sapiens innestò una inarrestata ed inarrestabile serie di obbrobri e di distruzioni (“innestò una curva sempre crescente di obbrobri e di distruzioni”, se vogliamo dirla in forma un po’ più matematica) che – anno più, anno meno – si concluderà nel 2050 con la scomparsa, forse violenta, di ogni forma di vita dalla faccia della nostra (una volta bellissima) Terra.