Ne parlano anche Carlo Bonini e Francesco Misiani (già Sostituto Procuratore di estrema sinistra presso il Tribunale di Roma) ne La Toga rossa (Marco Tropea Editore, 1998, Milano), dal quale semplicemente copio quello che un bel giorno lo stesso Francesco Misiani e Gherardo Colombo si dissero passeggiando per il cortile della caserma di via Inselici:
“1. il colloquio di Francesco Misiani con Gherardo Colombo.
“Era sceso a Roma in occasione di una delle frequenti riunioni che avevamo in quel periodo sulla questione del conflitto di competenza in merito a diverse inchieste. Eravamo rimasti a pranzo insieme a via Inselici, nella sede del nucleo operativo dei carabinieri, quindi ce ne andammo a passeggiare per il cortile. Colombo non usò giri di parole e del resto ci conoscevamo da troppo tempo per perderci in formalismi: “Ciccio, mi stupisco che in queste riunioni tu abbia assunto posizioni di opposizione a noi di Milano, contestando la nostra competenza.
“Guarda, non so se te ne sei reso conto, ma se esiste una possibilità di arrivare in fondo a Tangentopoli, questa possibilità ce l’abbiamo noi. A Roma non ce la potete fare. Purtroppo siete ancora il Porto delle Nebbie”. Io risposi in maniera conciliante. Gli spiegai gli sforzi che stava facendo Michele Coiro e l’impressione che avevo avuto di un clima che andava cambiando. Dissi: “Abbiamo voltato pagina, credimi. E poi non è che ogni volta possiamo fare finta che non esistano il codice e le regole sulla competenza”
“Ma il problema, evidentemente, era un altro.
“Colombo rafforzò il suo concetto: “Forse non hai capito, Ciccio, ma qui non dobbiamo decidere chi è competente, ma chi può fare o non fare le inchieste. A Milano, in questo momento storico irripetibile, si possono fare. Qui a Roma, no”. Io ribadii che anche una procura come quella di Roma, con l’aiuto di Milano, avrebbe potuto rimettersi a lavorare e cancellare le ombre del passato, al che Colombo tagliò corto: “Ah sì? E come pensi di farcela? Che fai, tratti con Vinci?”
“La frase gelò Misiani.
“Gli chiesi cosa gli risultasse esattamente. Ma Colombo fu evasivo, anche se lasciò intendere che Milano coltivava qualche cosa di più di un sospetto sulle ragioni per cui nel recente passato Vinci era stato “morbido” nel trattare certi procedimenti, come per esempio i fondi neri Iri. Inchiesta che Colombo conosceva bene per essere stato lui il primo a lavorarci.
“Il colloquio si chiuse lì, lasciando in Misiani un’improvvisa e sgradevole sensazione di impotenza. Conosceva Colombo da molti anni, tanti quanti quelli trascorsi in Magistratura democratica. Per lui era qualche cosa di più di un semplice collega.”
“Avevo compreso che dietro le nostre defatiganti riunioni e scontri tecnico-giudiziari sulla competenza si celava un pregiudizio impossibile da rimuovere: che Roma fosse destinata a restare la fogna di sempre. Nelle parole di Colombo avevo colto due concetti molto semplici e definitivi. Innanzitutto, che Milano non aveva fiducia neppure nelle capacità di due colleghi compagni di tante battaglie come me e Coiro. Inoltre, che ogni battaglia che avessimo fatto da allora in poi sulla competenza sarebbe stata recepita come un tentativo di delegittimazione di Milano e di insabbiamento delle inchieste.”
E poi ancora potrei citare TAV: Truffa ad Alta Velocità di Imposimato, Pisauro e Provvisionato (e non si illudano i 5Stelle. La Tav della quale in questo libro si parla è la Napoli-Milano), o Magistrati l’Ultracasta di Stefano Livadiotti.