Ancora di trivelle, di inquinamento e di previsioni matematiche

(Copio ancora dal mio libro)

inquinamento-mare“Lo spessore, le dimensioni geografiche e lo stato fisico dello strato oleoso che si forma in mare a seguito di un incidente petroliero è soggetto a modificarsi molto rapidamente sia nel tempo che nello spazio a causa di tutta una serie di fenomenologie e di forze di tipo sia fisico che chimico.

“Per effetto della tensione di interfaccia (della tensione, cioè, che si stabilisce lungo la superficie di contatto fra l’olio e l’acqua del mare), della tensione superficiale, della viscosità e del suo stesso peso specifico, una chiazza oleosa, anche se inizialmente molto spessa, tende infatti ad assottigliarsi e ad espandersi molto rapidamente fino a formare sulla superficie del mare una pellicola sottilissima che (come dimostrano le iridescenze, quei riflessi colorati, cioè, che spesso si possono osservare anche sulla superficie delle pozzanghere) può assottigliarsi fino al punto da raggiungere uno spessore dello stesso ordine di grandezza (100 nanometri, 100 miliardesimi di metro) della lunghezza d’onda della radiazione luminosa.

“In condizioni teoriche, insomma, metro cubo di olio abbastanza fluido potrebbe ricoprire anche 10 kmq di superficie marina.

“Contemporaneamente si innestano sull’oil spill anche tutta una serie di altri fenomeni fisici, biologici e chimici che ulteriormente lo trasformano e contribuiscono a determinarne il destino finale. Da subito, infatti, le parti più volatili della chiazza cominciano ad evaporare in atmosfera, mentre le parti più pesanti e solubili tendono a disperdersi o a diluirsi nella colonna d’acqua sottostante dove # in parte (in funzione diretta, cioè, della quantità degli oli soluti e della disponibilità di ossigeno e di batteri specifici) sono degradate chimicamente (ossidazione) o biologicamente (metabolizzazione), # in parte permangono quali sono, # in parte, trasportate dai sedimenti, si depositano sui fondali, # ed in parte, trasportate magari da una bollicina di aria o da una corrente convettiva, ritornano in superficie.

“La rapidità, poi, e l’effettivo estendersi geografico dell’oil spill sulla superficie dell’acqua è direttamente influenzato dalle condizioni meteomarine (onde, venti, correnti, temperatura dell’aria e dell’acqua) esistenti nella zona al momento del disastro, ed al loro successivo evolversi.

Altri fenomeni macroscopici di rilievo che si manifestano dopo qualche giorno di permanenza dell’olio in acqua sono la formazione di emulsioni stabili di acqua in olio (dispersione di goccioline infinitesime di acqua in un volume di olio) chiamate, forse per il colore marrone che assumono, ‘schiuma di cioccolata’ (‘chocolate mousse’) con conseguente formazione di grossi agglomerati bituminosi (chiamati in gergo ‘tar balls’, palle di catrame) che tendono a galleggiare immediatamente sotto la superficie dell’acqua.

“Un modello matematico è un sistema di equazioni differenziali che, tenendo quantitativamente conto di tutti questi fattori, esprimono il bilancio di massa del sistema (equazioni della diffusione e del trasporto) in funzione della variazione dello sviluppo in altezza dello strato oleoso, e che, discretizzate con il metodo degli elementi finiti (riferendo, cioè, il modello ad una opportuna griglia spaziale e temporale predefinita) possono essere ricondotte a semplici operazioni algebriche ordinate secondo una matrice lineare ed inserite in un normale PC.

“Un modello matematico può dunque fornire una abbastanza affidabile previsione della futura evoluzione geografica e temporale di un oil spill, consente una affidabile individuazione delle aree maggiormente a rischio, e può anche suggerire, se utilizzato con cautela e continuamente correlato con le osservazioni dirette, le migliori strategie di intervento.

“Ma se ora, fattaci – più o meno – un’idea di quel che è un modello matematico, facciamo un passo avanti e prendiamo atto di solo pochi altri dati certi e dimostratissimi, e cioè che:

-a:  la pellicola oleosa generata da un oil spill impedisce, assorbendone o riflettendone gran parte dello spettro, alla luce solare di penetrare nella colonna d’acqua sottostante, ed interrompe così il ciclo della fotosintesi della clorofilla e quindi la produzione dell’ossigeno da parte delle piante acquatiche,

-b:  che, interrompendo il contatto diretto aria/acqua, la pellicola oleosa generata da un oil spill sulla superficie del mare impedisce anche la diluizione diretta dell’ossigeno atmosferico nella colonna d’acqua sottostante, contribuendo quindi anche così anche per questa seconda via (se nella zona non vi è un sufficiente ricambio di acqua) alla sua progressiva asfissia;

-c:  che la presenza di nutrienti in acqua è limitata: bastano solo pochi grammi di benzina per saturare le capacità metaboliche di un metro cubo di acqua,

dobbiamo per forza capire che una perdita di greggio di proporzioni simili a quella rilasciata dalla Haven davanti al porto di Genova causerebbe, di certo, la morte per asfissia dell’intero Adriatico.